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Qualità al giusto prezzo: l’asso nella manica del canale pizzeria

Le pizzerie tengono, anzi, si cercano 6000 nuovi pizzaioli: una bella notizia in tempi di crisi

art-principale.pngMentre la ristorazione d’eccellenza soffre e fa i conti con la crisi rivendendo i propri menu, un altro segmento della ristorazione tiene e, anzi, sembra svilupparsi nonostante i tempi duri. Parliamo del comparto pizza, espressione di un’imprenditorialità che s’è sviluppata in tutta la nazione negli anni del primo benessere, quando le migrazioni dal Sud verso il Nord di molti pizzaioli del meridione d’Italia hanno portato il prodotto in ogni angolo dello stivale.
Un’imprenditorialità che da allora s’è diffusa capillarmente e che oggi, anni tutt’altro che di benessere, rimane viva e centrale in Italia.

Meno ingredienti rari, più qualità e territorio
La forza di una pizzeria sta nel suo prodotto principe, la pizza appunto, che semplice o ricca, rimane un pasto alla portata di tutti. Possiamo dire che la pizza ha avuto un percorso circolare: nata come cibo povero a Napoli è diventata poi polo di attrazione per famiglie e comitive italiane negli anni del benessere, diventando cena conviviale per eccellenza. La pizza è oggi ancora quel piatto abbordabile, capace di saziare, nutrire e soddisfare il palato, anche se i soldi nelle tasche scarseggiano.
pomodoro-mozzarella.pngChe sia una semplice (ma impareggiabile) Margherita, o abbia farciture più complesse, la pizza rimane una pietanza i cui costi sono sempre accessibili per il gestore e dunque, di riflesso, per il cliente.
Sulla pizza va aggiunto, si sposano poi perfettamente quegli ingredienti locali, a km 0, che sapientemente abbinati danno un tocco di fantasia gourmet, senza però far alzare di troppo il prezzo in menu. Ingredienti locali che anche la ristorazione di media e alta fascia sta riscoprendo. Recenti i dati Fipe a tal proposito: stando alla Federazione Italiana Pubblici Esercizi, la ristorazione cosiddetta di qualità, attenta cioè alle materie prime (oltre che al servizio e alla cura della preparazione) rappresenta per il mondo dell’agroalimentare un buon volano di crescita. Stando ai numeri, la spesa alimentare nella ristorazione è pari al 27% dei costi complessivi, e nel segmento di eccellenza la percentuale cresce di sei punti toccando quota 33%.
Anche la ristorazione alta, insomma, rivaluta ingredienti di massima qualità, ma più economici, una strategia per venire incontro alla domanda della clientela meno propensa a spendere cifre alte. Facciamo qualche esempio. Al Capriccio di Manerba niente più astici in menu (costano troppo) e via invece ad altre pietanze ugualmente squisite, ma meno costose. Al Due Colombe di Corte Franca, invece, si propone ancora caviale e foie gras, ma affiancati da una cucina più legata al territorio, con materie prime meno care, ma ottime, fresche e gustose. Insomma, la cucina top “guarda un po’ più in basso”, sempre mantenendo altissima l’attenzione sui prodotti e sulla capacità di fare degli ingredienti capolavori per il palato.
Sintetizzando, possiamo dire che la crisi ha portato tutta la ristorazione (dalla pizzeria al locale top) a mantenere accesa l’attenzione sui prodotti migliori, ma locali, meno cari, meno rari, più vicini alle tradizioni culinarie.

Pizzerie: si cercano 6mila pizzaiolipizzaiolo-straniero.png
Tornando alla pizza (e dunque alla pizzeria) ribadiamo che bontà degli ingredienti (mozzarella di bufala o fiordilatte, verdure di stagione, salumi tradizionali locali, ecc.) e accessibilità di prezzo sono due aspetti che fanno di questo piatto un prodotto vincente e fanno della pizzeria un canale che regge bene la crisi.
A dimostrazione di questo ci sono anche gli ultimi dati sulla grande necessità, in Italia, di nuovi pizzaioli; l’offerta di lavoro è un segno evidente che il canale pizzeria è tutt’altro che in discesa.
Lo dice chiaramente Lino Stoppani (Presidente Fipe) il quale spiega che il lavoro di pizzaiolo è molto richiesto e che in Italia ci sarebbero 6mila posti di lavoro potenziali. Tuttavia, molti italiani non vogliono cogliere l’occasione di lavorare in pizzeria.
«Sa qual è il problema? - spiega al Corriere.it Stoppani - I nostri giovani percepiscono quella di pizzaiolo come una professione a basso valore aggiunto. Anche chi frequenta l’alberghiero opta per la vita di chef nei grandi alberghi. Ma il vantaggio di imparare a fare bene la pizza è quello di trasformarsi da subito in imprenditori di se stessi».
Se gli italiani non colgono l’opportunità di questo storico lavoro che da sempre ha saputo evolversi in base al mercato, specializzarsi, professionalizzarsi, crescere attraverso il connubio tradizione-studio e innovazione, a prendere la palla al balzo sono altre nazionalità, come quella egiziana. Dunque la pizza è un buon business. Ma in città come Roma e Milano lo detengono gli stranieri e non i padri della pizza, noi italiani.
«Nelle grandi città come Milano e Roma ormai hanno ottenuto una rendita di posizione che li rende estremamente credibili presso la clientela italica», spiega Stoppani.
Che la pizza tenga e cresca nel mercato dei consumi Horeca, lo indica anche un altro fenomeno, ovverosia il fatto che la pizza entra nelle colazioni. Circa l’8% dei consumatori (interpellati dal centro studi Fipe) suole mangiare pizza anche ad inizio giornata. Altra tendenza in atto è l’aumento di richieste di pizza al taglio, take away, in pausa pranzo.
Il monito dunque è: “giovani italici, la rotonda pizza, simbolo dell’Italia, è una ruota che va veloce e lontano nel futuro e aiuta a mandare avanti il buon vivere, l’economia e il lavoro. Pensateci!”


31/05/2013

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